Addio al bonus introdotto dal governo Draghi nel 2021: il centrodestra ridisegna la misura. Ecco le novità
L’assegno unico per i figli, introdotto nel 2021 dal governo Draghi, è stato salutato come una svolta epocale nelle politiche di sostegno alla famiglia in Italia. A distanza di soli pochi anni, il governo Meloni si prepara a ridisegnare profondamente questa misura, con l’obiettivo di adattarla a una visione della famiglia più vicina a quella promossa dal centrodestra.
L’intento del governo, come riportato da diverse fonti, è quello di redistribuire le risorse mantenendo invariato l’importo complessivo stanziato, pari a 20 miliardi di euro. La strategia prevista comporterebbe una riduzione dell’assegno base di 57 euro per le famiglie con un Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) superiore a 45.000 euro, o per quelle che non presentano l’ISEE. Le risorse risparmiate sarebbero poi destinate a famiglie numerose, con membri disabili, o con una solida storia lavorativa in Italia.
Le critiche
Tuttavia, le modifiche previste non sono esenti da critiche. Un aspetto particolarmente controverso riguarda l’impatto che queste modifiche potrebbero avere sulle famiglie più fragili, le quali hanno tratto maggior beneficio dall’introduzione dell’assegno unico. Il rischio è che il tentativo di favorire un modello di famiglia “tradizionale”, considerato più meritevole di sostegno, possa escludere nuove realtà familiari che sono sempre più diffuse nella società moderna. In questo contesto, l’affermazione del governo secondo cui non ci saranno tagli agli assegni per i figli, apparsa in una nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze, non ha convinto tutti, alimentando ulteriori preoccupazioni.
Adriano Bordignon, presidente del Forum delle Famiglie, ha sottolineato l’importanza di mantenere l’assegno unico come strumento di supporto alle famiglie. “È il primo strumento strutturale che il nostro Paese adotta nella sua storia. Non va assolutamente abbandonato,” ha dichiarato Bordignon, ricordando come l’assegno fosse stato votato all’unanimità nel 2021. Bordignon ha inoltre suggerito che le risorse potrebbero essere utilizzate in modo più efficace, per esempio, estendendo l’assegno nella sua totalità ai figli tra i 18 e i 21 anni, oggi dimezzato, e prolungandolo fino ai 26 anni per i figli a carico impegnati in formazione accademica o professionale.
Un altro punto critico riguarda il calcolo dell’ISEE, che influisce significativamente sull’accesso ai benefici. Bordignon ha spiegato che il cumulo con l’assegno unico fa salire l’ISEE di molte famiglie, facendole così perdere il diritto a diversi bonus comunali, come quelli per l’asilo nido, le borse di studio, le bollette, la scuola e i trasporti. Nonostante le rassicurazioni da parte della ministra Eugenia Roccella, che ha affermato di lavorare a una soluzione insieme ai ministeri dell’Economia e del Lavoro, non ci sono ancora riscontri concreti che possano alleviare le preoccupazioni delle famiglie.
La risposta del governo
Il governo ha giustificato questa scelta evidenziando alcune criticità dell’attuale sistema dell’assegno unico. In particolare, è stato segnalato che ci sono “avanzi” di bilancio non utilizzati, oltre al fatto che alcune famiglie avrebbero rinunciato al beneficio. Inoltre, l’Italia è stata oggetto di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea a causa della discriminazione nei confronti dei lavoratori stranieri, ai quali veniva richiesto un requisito di due anni di residenza per poter accedere all’assegno.